La recensione del weekend

Edwin A. Abbott - Flatlandia

So che non bisognerebbe mai fare una recensione di un libro quando mancano ancora diverse pagine alle fine,ma,essendo un saggio mascherato da racconto,penso di essere già in grado di trarre le prime conclusioni.
Non voglio entrare nel dettaglio per non svelare ciò che potrebbe rivelarsi estremamente interessante per un futuro lettore.Preferisco limitarmi a segnalare uno o due dei diversi piani di lettura che accompagnano questo libricino.
Un primo suggerimento ci viene dal sottotitolo:"Racconto fantastico a più dimensioni".Sarà sì un racconto fantastico,ma che porta con sè delle profonde riflessioni sulle dimensioni.Dimensioni di cosa?O meglio,che dimensioni?Ed è qui che entrano in gioco i diversi piani di lettura.
Il racconto è stato scritto nel 1881 e si presenta come una profonda critica alla società vittoriana.In una prima parte viene descritto il mondo di Flatlandia,un mondo piatto (flat,in inglese,vuol dire appunto piatto) popolato da figure geometriche ovviamente piane costrette a muoversi su un piano.A seconda del numero di lati,queste figure occupano diverse posizioni nella società.Ad esempio,la donna non è altro che una semplice linea retta,i militari sono dei triangoli isosceli dalla base infinitesimale (e quindi con un vertice aguzzo) e così via fino ad arrivare ai poligonali e ai cerchi,cioè i politici e i sacerdoti,che occupano le più alte posizioni.Nel mondo di Flatlandia quindi,un maggior numero di lati (o la presenza di un angolo più ampio) viene associato ad una maggiore intelligenza e quindi una migliore qualità della vita.Il problema è che,salvo clamorose eccezioni,un triangolo resterà per sempre triangolo;potrà al massimo sperare di aumentare l'ampiezza del suo angolo fino a diventare un equilatero.La remota possibilità d'elevazione sociale viene utilizzata dai poligonali per mantenere pacifico il popolo e,se proprio dovesse scoppiare una rivolta,il passaggio di classe viene utilizzata per allettare i capi delle rivolte e quindi per far fallire tutte le rivolte in Flatlandia.
Ma un giorno a Flatlandia succede qualcosa di particolare.Arriva una sfera.Nella seconda parte del racconto si spiega come gli abitanti del mondo piatto cerchino di mettersi in relazione con un oggetto che piatto non è.E qui non continuo,perchè vi rovinerei la lettura.In questo caso,Abbott vuole proporre un modello all'approccio di un mondo a n+1 dimensioni rispetto a quelle che gli abitanti possono percepire.Esemplificando,come possiamo noi umani carpire l'essenza di almeno la quarta dimensione (in realtà sembra la nostra "Spaziolandia" di dimensioni ne abbia 11) quando siamo confinati in un mondo che ci appare in sole tre dimensioni?
Una piccola considerazione per capire quanto può essere attuale un pensiero/situazione del genere:perchè questo racconto mi ricorda "Paper Mario",dove il celebre Mario di Super Mario Bros. non è altro che un essere piatto che vive in un mondo a tre dimensioni?
Chiudo consigliando la lettura di questo libricino di poco più di 150 pagine che porta via non più di tre ore di lettura.Se avete voglia di spendere 7 euro lo potete trovare in libreria nel catalogo "Gli Adelphi".Se siete pigri,o magari vi piace leggere in inglese sullo schermo del PC o ancora se volete sfibrare la vostra stampante,vi segnalo il link al racconto con illustrazioni.
Buona lettura.

1 commenti:

Anonimo ha detto...

Flatlandia è stupendo. Io l'avvento della sfera l'ho visto come una prospettiva estremamente ottimista della nostra esistenza: se la quarta dimensione fosse il tempo? non potrebbe essere che noi siamo già, interi, completi, dalla nascita alla morte e che l'istante sia solo un vizio della nostra percezione?